“Credi nella bellezza dei tuoi sogni e loro crederanno in te”

“Credi nella bellezza dei tuoi sogni e loro crederanno in te”

Elvia Grazi

 

Quando hanno ucciso mio padre io avevo 4 anni e mezzo. Ricordo che stavo scendendo le scale insieme a mia zia e a mia sorella. “Vostro padre è morto”, ci disse zia Lidia.

Avrei scoperto più tardi negli anni, che quella mattina mio padre era uscito come sempre per lavoro, con la sua auto. Nel pomeriggio però era passato a fare un salutino a sua moglie, mia madre, che aveva un negozio di bustaia.

Forse era sovrappensiero e aveva mosso in ritardo la mano per mettere la freccia.

A volte la differenza tra la vita e la morte si gioca in un istante.

L’uomo che lo seguiva in auto inchiodò. Nessun urto ma quel disgraziato aveva voglia di litigare. Scese e cominciò a insultare mio padre. Lui si scusò più e più volte, poi, visto che l’altro continuava a sbraitare, disse qualcosa come: “mi spiace non so che altro dirle” e girò i tacchi per andarsene. I vigliacchi colpiscono sempre all’improvviso, quando non puoi difenderti e quell’assassino, con una mossa repentina, gli fu davanti e gli sferrò un pugno in pieno viso. Mio padre perse l’equilibrio e cadde spaccandosi la testa contro lo spigolo di un marciapiede.

Aveva 39 anni, era poco più che un ragazzo, il suo assassino 62.

Fine di tutto.

A quattro anni non capisci cosa sia la morte, ma io compresi subito che la mia infanzia era morta quel giorno. Mia madre aveva 33 anni e due figlie da mantenere, due bambine cui, purtroppo, non poteva più badare.canadian pharmacy viagra Mia sorella di 12 anni finì in collegio, io, che ero più piccola, venni affidata ai miei nonni.

Erano due persone anziane, vivevano in una povera casa di ringhiera. Non c’erano bambini in quel caseggiato solo altre persone anziane.

Ha ragione Gramellini quando dice che un orfano è lo sfigato degli sfigati: si sente diverso, tutti hanno una famiglia, lui no. E intorno a lui aleggia un’aria di tragedia.

E io portavo la palma della sfigata tra gli sfigati. Andavo a scuola senza cartella, mia madre non aveva i soldi per comprarmene una e nessuno veniva mai alle mie recite o a parlare con la maestra.

Mi sentivo diversa: lo ero.

Le altre bambine si trovavano a casa ora dell’una ora dell’altra per fare i compiti, io non potevo ricambiare. Mi vergognavo della povera casa dei miei nonni e poi non avevo giochi da condividere buy modafinil ,nemmeno una Barbie.

Tutto ciò per spiegarvi che sono stata una bambina molto triste e sola.

I miei soli passatempi erano: leggere, scrivere, disegnare.

A sette anni, su un quaderno a quadretti scrissi il mio primo libro: “Storia di Marco”. Chissà che ne è stato di quel quaderno.

So che la Flavia scrittrice è nata quel giorno.

Perché allora il mio primo libro è stato pubblicato circa 50 anni più tardi?

Semplice, perché io non ci credevo.

Non ho mai creduto in me.

Certo, sapevo scrivere e disegnare bene, ma, ricordate? Io ero la sfigata, quella un po’ ai margini del mondo, quella sola.

Poi, molti, molti anni dopo, ho capito che tutta quella storia non era colpa mia. Ho capito che io ero Flavia, o Elvia, se preferite, e meritavo fiducia, meritavo rispetto.

E in quel momento sono rinata.

Badate bene, chi scrive libri non si arricchisce. Io prendo pochi centesimi per ogni libro comperato, ne ho venduti tanti e ho guadagnato una miseria.

Ma sono entrata nelle case, nella testa di tanta gente. Con i miei pensieri, con una storia che ogni volta che la rileggo, mi regala brividi a fior di pelle.

Una storia vera, che ancora una volta, mi riguarda molto da vicino e che il più bel racconto d’amore che io abbia mai sentito. A me ha insegnato tanto e soprattutto mi ha fatto conoscere un sacco di gente che ogni giorno mi scrive per dirmi che quella storia è anche la loro, che si sono riconosciuti nei protagonisti, che hanno pianto e riso con loro.

Lasciami contare le stelle è il mio riscatto.

Scrivendolo ho compreso che non bisogna uccidere i propri sogni, mai.

E che quando scrivi un libro, ti apri al mondo e il mondo ti risponde.

Ho disegnato la piccola Flavia con delle scarpe grandi, perché io sono cresciuta in un solo giorno, non sono stata più una bimba.

Ma quelle scarpe, però, mi hanno portato lontano.

Non tutto va come vorremmo, ma dobbiamo sapere che quello che crediamo un destino avverso, qualche volta è un’opportunità.

La vita è un regalo meraviglioso ma per scoprirlo dobbiamo uscire dal nascondiglio nel quale ci siamo rifugiati, magari per paura.

Oggi, che sono innamorata della vita, che anche quando c’è il canadianpharmacysites.com temporale mi dico che poi, tanto, tornerà il sereno (torna sempre!), so che se lasciamo al nostro cuore la possibilità di volare, lui saprà portarci in altro.

Più su, rispetto al dolore, oltre una realtà grigia che magari ci sta stretta.

So che quando ci apriamo agli altri, riceviamo in cambio tanto, tantissimo.

Che ci si scriva, ci si parli o si chatti, non ha importanza, è che così le nostre vite diventano comunicanti, non sono più strade a senso unico.

Chi cammina solo forse va più veloce, ma chi lo fa in compagnia va sicuramente più lontano e si stanca meno.

Sto finendo di rileggere il mio nuovo libro … tra pochi giorni lo porterò dal mio editore.

Come sempre ho paura, mi chiedo: sarò riuscita a dire proprio quello che volevo? Saprò farmi capire?

Sta di fatto che l’ho finito da più di un anno e ancora non mi sono decisa a dargli il via libera

Colpa dei dubbi, dannati dubbi, ma adesso ho deciso di non ascoltarli più, di darmi fiducia. Basta cercare la perfezione, cancellare e riscrivere, meglio lasciare che le cose siano vere, punto e basta.

Per il momento vi regalo soltanto quella che sarà la dedica … sulle prime pagine … e che, non a caso, recita così:

A Ines, mia madre

A Mattia e Oriana, i miei figli

a Ezio, il mio amore

a Cesare, che ho amato come un padre

e a mio padre che è volato via in un’alba troppo lontana

alla vita, così magica e veloce

 

 

 

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2 Comments
  • Caterina
    febbraio 27, 2017

    Elvia che dire… Mi lasci un’altra volta con le lacrime agli occhi e il cuore gonfio d’ amore… Grazie. Questo mi sento di dirti ancora una volta. Grazie perché mi dai speranza, conforto e il coraggio di essere felice sempre. Un abbraccio col cuore. Caterina

    • Elvia
      febbraio 28, 2017

      Cara Caterina grazie a te. Tutti noi siamo in viaggio sullo stesso treno anche se magari in scompartimenti differenti, ma la vita, il comune sentire ci rendono fratelli. Grazie per la tua sensibilità

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